venerdì 18 gennaio 2019

VangVieng, finalmente Laos!



La mattina del secondo giorno esco per la colazione con il tipo della reception che mi aveva detto "ma sì alle 6 qualcuno è già aperto". Io sono uscito alle 8 e era ancora tutto chiuso. Impossibile trovare cibo locale quindi mi arrendo ed entro in un bar per turisti che abbina le baguettes degli invasori francesi ad ogni piatto. Tutte le volte grandi risolini perché ordino 2-3 piatti.
 
 
 
Poco prima di andare via dalla camera apro il cassetto e ci trovo un libricino sullo yoga di un "grande esperto" (ovviamente francese). Avrò una lettura per i tempi morti.
Il bus è molto spazioso e mi incuriosisce un sacco quando uno sulla quarantina di lamenta in laotiano per il ritardo. La lingua, come leggo, è tonale, il che vuol dire che ci sono 5 modi per intonare la stessa parola con 5 significati differenti, e le domande hanno intonazione neutra. Che trip cosmico.
Mentre il bus scarta in derapata camion, auto e altri bus, leggo il mio libricino e sonnacchio.
Vangvieng è abbastanza patetica all'arrivo, ma il paesaggio promette benissimo!


Per fortuna, a differenza di tanti altri posti in Asia, non ci scaricano lontano dal centro per dar da mangiare ai tuktukkisti, ma siamo dietro la via principale. Entro a caso in un posto e prendo una camera decente (assai sopra la mia media). Il tipo alla reception è un britannico che mi sembra un personaggio di un videogioco. Disponibilissimo.
Vado alla ricerca di cibo locale senza successo, anche quello della reception sembra perplesso ed in giro ci sono solo ritrovi per turisti. Vangvieng è entrata a far parte del banana pancake trail (un fumoso itinerario dove ci sono le località più battute dai backpackers alla ricerca di alcol droghe e sballo) siccome essendo sul fiume si sono inventanti di farsi trascinare dalla corrente sui ciambelloni. Dopo che qualcuno senza troppi limiti ci ha lasciato le piume (il fiume è placido, ma le conseguenze delle sostanze psicotrope un po' meno), il carrozzone è stato smantellato ed adesso c'è una versione più annacquata e civile.
Con questa premessa, le mie espettative per il posto erano piuttosto basse. Invece mi sono ricreduto.
Dicevamo, qui il sole alle 18 va giù quindi uso il pomeriggio per farmi un'idea del posto finché c'è luce.
Trovo un bamboo sticky rice che fa degna concorrenza a quelli thailandesi.






Quando riesco ad attraversare il fiume senza pagare pedaggio facendo il giro dell'oca (qui si paga per entrare o transitare su tutto, ponti, templi, caverne, ecc, sempre cifre irrisorie) le immagini sopra sono l'ultima cosa che vedo e mi gaso per l'indomani.
Torno alla guesthouse e nel frattempo la città si prepara alla notte, con il mercatino per turisti pieno zeppo di vestiti etnici e souvenirs (quindi non so che dirvi su quale tipologia preferisca, quello autentico è proprio brutto, tipo voi andreste a fare due passi nei mercati infrasettimanali in Italia?). Deciso a provare cibo locale finisco in un posto dove oltre a essere io l'unico avventore, sembrano pure sorpresi che io sia lì...ma come sopravvive sta gente? Aggiungo che alla seconda sera in città realizzo che ho ufficialmente una deficienza nello scegliere i posti dove mangiare...
Scopro poi in un locale che c'è un modo per sballarsi che consiste nell'inalare da un palloncino riempito di un qualche gas. Probabilmente tutti voi sapete di che si tratti ma io di ste robe non so nulla e me ne sto ben alla larga.
Stamattina il grande giorno. Rimedio una bici, visto che il mio zainetto perde colpi e che c'era la possibilità di finire in acqua, rimedio una sacca stagna e parto in pedalata per la caverna che la guida descrive come più spettacolare, Pha Thao Cave, a 15 km dalla città. Faccio anche un servizio utile perché tolgo un po' di inquinamento locale stipandolo con cura nei miei polmoni. Ora capisco i tanti fuoristrada, qua le strade sono asfaltate a tratti, e lo sterrato ha buche gigantesche. Questa è la strada principale per il nord del Paese, da qui i tempi biblici, ma i cinesi stanno ponendo rimedio anche qui ai problemi logistici 







Come mi spiegherà uno locale he forse ci lavora, questa sarà la ferrovia che unirà Vientiane a Luang Namta nell'estremo nord del Paese, vicino alla Cina.
Allontanandomi dalla città mi sembra di entrare nel vero Laos, specialmente quando svolto per andare alla caverna. Risaie secche con gente che ci lavora per prepararle, strade sterrate e villaggi semplici ma vissuti dalla gente, che sorride e saluta. 






Nel fiumiciattolo i bimbi fanno il bagno mezzi nudi e vorrei fare una foto per farvi vedere, ma c'è già una schiera di signore di mezz'età a farle è così evito di essere il trilionesimo straniero che fa le foto ai bimbi. 
Arrivò alla caverna (basta seguire i cartelli gialli), e il "bigliettaio" usa le 3 frasi di inglese che conosce, alla prima domanda va già in panico. Questo ho notato del Laos, che non sono plagiati dal dio denaro come in Thailandia o Vietnam per dire, dove fanno di tutto per la pecunia, qui persino in posti che vivono di turismo l'inglese non lo sanno, c'è una netta separazione tra vita dei locali e vita dei turisti. Il che mi spinge a provare ancora di più a vedere come vivono.
La grotta è una delle più interessanti che abbia visto, a Silvia però non sarebbe piaciuta. Praticamente sei per conto tuo con la torcia (compresa nel prezzo) e ti puoi spingere finché te la senti. Le strutture rendono il tutto più avventuroso


Verso la fine bisogna anche passare in un punto molto basso che quasi si deve strisciare, molto più basso di questa foto


In un tratto la volta pare spruzzata d'oro 


Mentre qui un bastoncino di terra. Da bimbo ignorante ne ho toccata una e ho scoperto essere una sorta di nido di termiti, con animaletti bianchi che vivono dentro.


Quando arrivate al pupazzo di argilla siete in fondo alla caverna


Galvanizzato dall'esperienza, decido di rimanere in zona e dare un'occhiata alle altre caverne.
Una di chiama water cave, e più mi avvicino più sento schiamazzi... Quando arrivo c'è una scritta stile Hollywood che dice "zipline" e una sfilza di cinesi che vola da un albero all'altro, con la caverna lì sotto...giro la bici e me ne vado.
Prossima destinazione la cascata Kaeng Nyui, e sulla strada confido di trovare qualcuno che mi dia da mangiare. Finalmente un'insegna nel nulla, entro e ovviamente hanno solo due piatti disponibili; grandi risate quando li ordino entrambi, due zuppe di discendenza vietnamita. Gente molto cortese che prova a comunicare un minimo.
Quando riparto sono abbracciato da un grande senso di leggerezza e libertà. Forse quella libertà che tanti provano in Vietnam, chissà. Tutto mi sembra facile e possibile. Vivere costa poco e la gente si ingegna, tutto è risolvibile e questo è puro ossigeno dopo mesi di ottusità neozelandese.
La pedalata fino alle cascate è tutta sterrata e ripida alle volte ma la bici l'ho scelta bene. Silvia viene a trovarmi e fa il tifo per me tipo giro d'Italia 


Ed infine arrivo, dopo il solito pedaggio.






Questa foto non l'ho rifatta perché il telefono era pericolosamente in bilico su una pietra


E pure questa non è molto sexy ma è la posa migliore che sono riuscito a produrre nei 10 secondi di autoscatto...




Guardate che maglia di radici sulla sinistra


Bagno veramente necessario per abbattere la temperatura sviluppata durante la giornata.
Che spettacolo davvero.
Ci si può inventare i propri giri anche in carrozzoni turistici rodati come VangVieng, basta avere curiosità e fantasia!
Come dice la guida ci si potrebbe stare una settimana qui, ma credo che mi muoverò presto comunque.
Adesso vado a magnà quarcossa.
Salutiiiii

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