martedì 9 gennaio 2024

Jodhpur agrodolce


Sogno realizzato. Un’altra spunta alla lista

 
“Certo che è possibile, tutto è possibile!”

Arriviamo a Jodhpur in perfetto orario, su un viaggio di 5 ore in treno è un bel traguardo!
Uber di nuovo non ci calcola, e così saltiamo su un tuktuk che promette che il prezzo sarà giustificato quando avremo visto dove dobbiamo passare. Il nostro alloggio è nella città blu, ai piedi del mitico forte che sovrasta la città.
 
 
Il viaggio in tuktuk, almeno per Matteo, è quasi mistico: è notte e le strade sono così strette, illuminate dagli scarsi neon, e cariche di scene di vita che Matteo è come in trance a guardare tutto quello che accade intorno a lui, con il movimento “sinuoso” del tuktuk che evita bestie, buchi, persone, moto. Le vie della cittadina sono così caratteristiche che Matteo fa quasi un salto nel tempo, e gli pare di tornare bambino, quando con la sua famiglia erano a Gardaland sui tronchi dei pirati, dove si seguiva il corso d’acqua al chiuso e si passava attraverso ricostruzioni in animatronic di scene di vita ed avventura esotiche.
Come allora avere la volta del tetto sopra la testa gli infondeva un senso di sicurezza, anche in questo spostamento in tuktuk sembrava che il cielo fosse così basso, strozzato tra i tetti degli edifici e le liane elettriche, da essere quasi la stessa volta del tetto.
Come Neo di Matrix, quando entra in sintonia con la simulazione, riesce a vedere tutto alla giusta velocità, anche a Matteo pareva che nessuna di queste scene di vita da animatronic dei pirati potesse sfuggirgli, non importa quanti stimoli arrivassero da ogni angolo.
Ovviamente, lo stesso viaggio fatto in condizioni analoghe altre due volte, è risultato più snervante che altro.
Arrivati, posiamo le borse e ripetiamo lo stesso errore di Agra, cercando di risparmiare sulla cena cercando fuori dall’alloggio, e finiamo sconfitti perché gli unici negozi per chilometri vendono dolcetti locali. Prendiamo quindi due banane da uno sporadico fruttivendolo, e le mangiamo a bordo strada seduti su dei cuscini gentilmente offerti da un altro dolcettaro. 
Ripercorse le mille miglia a piedi fino all’alloggio  tra clacson e cacche varie, scopriamo che le tende sono bianche trasparenti, il letto puzza di usato e anche stanotte dovremo usare le nostre cuffie da cantiere per provare a dormire.
Almeno Silvia è quasi guarita, ma questa notte è di quelle che lasciano poco convinti di essere qui.
Matteo prova a trovare conforto negli scritti di Terzani, senza spunti.
Il giorno dopo lascia Silvia riposare fino alle 9, dopodiché colazione sul tetto, dove possiamo vedere la città blu per la prima volta.
Sembra la capitale mondiale del parkour, saltando di tetto in tetto si potrebbe arrivare dall’altra parte della città vecchia

La struttura del posto dove stiamo noi è tutta intricata e  si sovrappone alle abitazioni vicine in un dedalo di scale ripide


Purtroppo la fobia e il senso di schifo di Silvia per cani e piccioni non permette di gustarsi la camminata per gli stretti e tortuosi vicoli della città blu, mentre ci dirigiamo alla torre dell’orologio, contornata di mercati.

Oggi è un giorno storico: dopo anni di goffaggine e disastri mancati per qualche millimetro, entrando in un negozio di arte/finto antiquariato scambiato per negozio di stoffe, pur essendo rimasti sulla soglia, nel girarsi per tornare in strada, la giacca appesa allo zaino di Matteo si impiglia in una statua di legno, che finisce giù in strada. Una volta rimessa a posto, i negozianti notano un braccio danneggiato.
Il ragazzino che aiuta a riposizionare la statua si prende degli urli dal principale, che poi chiama il proprietario. Matteo capisce che dovrà sborsare dei soldoni, ma il ragazzino più volte gli dice che è tutto ok e di andare via. Matteo rimane, parla al telefono col proprietario che per le riparazioni, senza aver visto il danno, chiede con cortesia un tot. Il ragazzino fa l’occhiolino e bisbiglia di andar via, ma Matteo paga così da levarsi da quella situazione, che fa imbestialire Silvia.
Vien da chiedersi, senza malizia, se non sia un trucco che usano spesso visto che Matteo, passando bene alla larga, vede la stessa scena in un negozio simile lungo i portici il giorno dopo, dove però non c’è nessun danno. Silvia invece riconosce che prima o poi doveva succedere e meglio sia successo in un Paese dove tutto è risolvibile pagando.
Smaltito il nervoso, possiamo prepararci per il momento clou della giornata, ed incontriamo l’autista che ci porterà ad Osyian, a circa 70km, per il nostro giro in cammello.
Il viaggio in macchina è tranquillo ed il paesaggio noioso ed arido
 



 
Arriviamo in mezzo al nulla e, siccome non abbiamo visto i templi Jain ad Osyian (Matteo non voleva tirare la corda dopo aver fatto l’elefante nella cristalleria), dobbiamo aspettare il cammellaio per qualche minuto.


In Rajasthan, il posto più famoso per girare coi cammelli è Jaisalmer, dove il deserto è un po’ più deserto , ma andare fin là sarebbe stato troppo viaggio, e così abbiamo deciso di esaudire qui un grande sogno di Silvia.

Silvia su Diamond e Matteo su Jeega (che sta facendo la pipì)



 
Il cammellaio sembra una persona molto gentile e semplice, e cammelliamo per un bel po’ verso l’infinito ed oltre.
Dopo poco sappiamo già che è la cosa migliore che abbiamo fatto in India.
Siccome Silvia ha trovato il contatto su internet in un modo che manco lei si ricorda, non sapevamo bene cosa aspettarci ma aveva un buon feeling, avendo fatto ricerche su ricerche per farlo nel modo più etico possibile e non tramite agenzie turistiche.
Come sempre ha il tocco magico che neanche lei sa spiegare!

Per i deserti del Rajasthan occidentale

Antilope
















Tra l’altro eravamo solo noi due
 
 
 








Ricino

Cipolle

Capre

Il nostro bel giro termina nel villaggio del cammellaio, e scopriamo di aver anche una cenetta.
 



 
 
 
 
Una volta smontati dai cammelli, ci vengono offerti il tipico copricapo locale, ovviamente troppo piccolo per il testone di Matteo, e alla prima domanda, il ragazzo inizia a recitare la lezioncina a memoria, ma in modo molto gentile e genuino.
La storia è che diversi anni fa, per caso, qualche turista ha passato la notte a casa loro e ha visto il potenziale della loro realtà, e gli ha suggerito di iniziare l’attività che ora hanno, parlandogli per la prima volta di internet, siti web, smartphone, e li ha supportati nei vari passaggi per partire da zero fino al poter organizzare un giro per dei turisti tutto via telefono. Si sono anche arrangiati ad imparare l’inglese per comunicare coi clienti. Il padre però aveva lavorato per moltissimi anni a portar in giro gente con i cammelli ovviamente sottopagato e senza parlare inglese.
Il ragazzo, figlio del cammellaio, non ha potuto andare all’università e così vuole poter garantire gli studi ai suoi fratelli e ai bambini del villaggio, che nel frattempo sono stati adunati nella stanza della casa adibita a “scuola” per mostrarci come imparano a scrivere e leggere via schermo e tastiera.
Si vedono le buone intenzioni nonostante la mancanza di una struttura, si cerca di capire se qualcuno gli ha suggerito di parlarci di questo e mostrarcelo per suscitare compassione, o magari per sperare che altri turisti vedano altro potenziale e gli suggeriscano come tirarlo fuori, o semplicemente per intrattenerci e usare il tempo in modo costruttivo in attesa del pasto e poi di ripartire.
Alla fine ci sembrano delle persone molto umili e carine che cercano di farsi una vita, migliorare la propria condizione, e fare qualcosa di buono. Questa l’analisi di Matteo mentre Silvia sapeva, ha visto il padre ha “sentito” che era proprio una cara e umile persona, aveva il viso davvero disegnato dall’umiltà.
Il ragazzo ci dice che il cambio climatico porta pioggia nel deserto, migliorando la loro vita, perché adesso possono coltivare verdure per se stessi e per le bestie.
Internet ha permesso loro di reinventarsi una vita in questi luoghi, abitati 500 anni fa dai loro avi.

Lastre di pietra usate per fare tutto in queste zone
 



 
 
A cena mangiamo per terra insieme ad un’altra coppia Indiana, che dopo cena sfrecciano sul 4x4 che costituisce l’altra grande attrazione offerta da queste parti.
È quindi l’ora di ripartire per il “tramonto nel deserto con i cammelli”
 
 
Pavoni

Grano

Vitellino appena nato (come si vede dalla placenta della madre)





 
Matteo può riempirsi i polmoni, ora che lo smog è distante

Poter assaporare il silenzio e la quiete dopo tanti giorni di frastuono è proprio piacevole


Arrivati


Matteo col suo destriero



Salutiamo il nostro cammellaio e ripartiamo per Jodhpur. Ci ferma un passaggio a livello, dove orde di pick-up stracolmi di ragazzini ci fanno un po’ di tenerezza, nonostante il gran baccano. Come dice l’autista, niente scuola per loro, sono tutti manovali, maschi e femmine, diretti alle piantagioni.


Stanotte invece è una il quelle che l’India sembra gentile con noi, ed è stato bello essere qui.
A prescindere, il baccano che viene da fuori è sempre tanto, quindi le cuffie da cantiere sono imprescindibili.
La mattina seguente è il momento di visitare la città

È il turno del forte che sovrasta la città blu, il Mehrangarh. Matteo ha una passione per i nomi indiani.
Provate a dirlo: MEHRANGARH!
Epico.
Come Pdor, figlio di Kmer, della tribù di.....
La scenetta famosa di Aldo, Giovanni e Giacomo.
Per fortuna è a due passi da dove stiamo, così il supplizio piccionico di Silvia è di breve durata. Peccato perché alcuni scorci meritavano delle foto.



Ancora una volta, Matteo non è troppo infastidito da piccioni e deiezioni, avendo paesaggi vagamente simili a Genova.
Genova riassunto del mondo.
Per entrare nel forte si passa persino attraverso la Porta Soprana locale
Porta Sopranavarh
 
E finalmente possiamo fare una foto alla città blu con la luce a favore


Questo forte è di comprensione molto più immediata, l’opulenza è più palese, ed aiuta il fatto che nel biglietto sia compresa una audio guida.







Quando chiediamo se è possibile averla in italiano, ci rispondono 
“Certo che è possibile, tutto è possibile!”
Ah, l’Asia...un mondo dove tutto è possibile! Ci mancava tanto sentirlo dire, dopo anni di Nuova Zelanda dove le risposte sono “Non è permesso”, “Non lo facciamo”, oppure sguardi vuoti da criceto cerebrale obeso inceppato.
Sella maharajahle da elefante

Sella maharajahle da umani

L’audio ci racconta di come l’architettura rispecchi il fatto che le donne non potevano essere viste, creando quelle finestre di reticolato di pietra che permettevano la visuale solo verso l’esterno, e di come l’oppio fosse, ed in parte sia tutt’ora, usato nelle occasioni sociali e nei festeggiamenti.

Unica foto delle varie collezioni, per non annoiarvi troppo coi sublimi particolari dell’arte locale

Il palazzo ha diverse stanze opulente da mille ed una notte








Dettaglio del soffitto

Poi una stanza dove i coloni inglesi hanno deciso che servissero le palline di Natale, seriamente 


Le abitazioni della plebe
 
C’è anche una raccolta delle culle dei neonati della famiglia reale





Finito il giro ci dirigiamo verso il pozzo a scalini in città, saltando il “mini Taj Mahal” e pure, come suggerito da maps.me, il luogo delle riprese di Batman...

Addio MEHRANGARH!!!

Per le strade troviamo anche due somarelli caricati di pietre come si faceva un tempo



Finalmente arriviamo al pozzo, davvero bellissimo e molto ripido! Avevamo entrambi un po’ di vertigini inizialmente.





 

Il posto è talmente bello da sembrare finto (incredibile che venga da dire così)

Stallo alla messicana
 
Sul fondo del pozzo ci sono un sacco di pesci, e Silvia vede anche una tartaruga!


 
 
 
Appena torniamo in cima, dei poliziotti intimano ai ragazzetti che erano giù con noi di risalire.
Posto davvero molto affascinante!
Il pomeriggio lo passiamo di nuovo tra i mercati, per completare questa bella giornata.


Silvia come sempre col suo tocco magico trova un ottimo negozio di spezie con una proprietaria molto cortese e gentile, che vende anche una spezia dal nome sconosciuto in Nuova Zelanda: "Brain".
Purtroppo però l’India è come la sua cucina, gusti forti e contrastanti, in antitesi tra loro e che al nostro occhio, a volte, sembrano essere così lontani tra loro, e ti domandi come facciano a coesistere nello stesso piatto.
E, cercando di fare cena a bordo strada, finiamo circondati di mendicanti che chiedono soldi o cibo, la maggior parte o sono bambini oppure genitori con bebè.
Aiutiamo qualcuno ma è una lotta impari, ed il solito raziocinio di Matteo lo rende nervoso fino al punto di rovinare quasi la giornata, mentre Silvia è sempre mossa da compassione.
Tornati infine al nostro alloggio, cerchiamo di digerire quanto appena successo e il fatto che è una realtà che non possiamo combattere ma solo tamponare.
L’indomani ci attende la sveglia presto per chiudere l’anello e tornare a Delhi in aereo, altra notte dormita molto male, ma vista la quiete desertica in giro per la città alle 7 di mattina, se mai veniste a Jodhpur, vi consigliamo di dormire lontanissimo dalla città blu, perché sembra che tutti i rumori della città fossero concentrati fuori dalla nostra finestra, altrimenti che Fantozzini saremmo?
Vi salutiamo con la colazione dei campioni, samosa e cappuccino 


Ciao!

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