Appena pensato di scrivere questo post, credevamo sarebbe stato un discorso abbastanza facile e breve, invece a pensarci bene è leggermente più articolato.
Che differenze ci sono tra l'Italia e l'Australia?
Beh, alcune sono palesi, nonchè già citate, ovvero la mancanza di cultura culinaria (o meglio, una non cultura c'è, ed è quella degli Stati Uniti), il fatto che qui tutte le costruzioni sono nuove (il collega che Matteo frequenta più spesso non gli crede quando Matteo dice che il Italia le case sono fatte di pietra e non come qui - dove, pare, la favola dei tre porcellini non è arrivata-). Come detto il paesaggio è tutto uguale, nella sua diversità, ovvero certo, c'è il paesaggio della costa è quello dell'entroterra, ma tutta la costa è circa uguale, ecc. In Italia cambia in continuazione.
Una grande differenza è a livello di rapporti interpersonali. Può darsi che sydney ne sia esente, ma comunque è quasi impossibile trovare una comunità radicata, e magari ciò è dovuto alle radici di emi/immigrazione che hanno dato vita a questo paese. Ma, come ci raccontava Caterina ad Adelaide, ad esempio in chiesa non ritrovi "la parrocchia", ma un gruppo di singoli che va ad assistere alla funzione, e nessuno si conosce o rivolge la parola.
Come sempre, chi troppo, chi niente.
Abbiamo come la sensazione che in effetti l'Australia sia una copia, in molti ambiti, degli USA. Ma appunto, è solo supposizione.
Ma come vedevamo a Melbourne da zia Giulietta, e parlando con Victoria e Jacob, come si vedeva anche Perth, le basi non sono costruite per unire, avvicinare, ma per lasciare ad ognuno il proprio spazio vitale, che poi si tramuta in micromondo isolato, in cui tra l'altro rifugiarsi nei momenti "imbarazzanti" ( testa bassa sullo smartphone...). Un esempio sono i treni. Sembrerà roba da niente, ma i treni in Italia hanno i posti a sedere che si guardano in faccia. Alzi gli occhi e vedi il tuo vicino. Qui metà carrozza guarda avanti e metà indietro, così si evitano imbarazzanti scambi di sguardi (guarda caso come negli ascensori in America).
Negli spazi allargati, sul treno, la gente guarda per terra, come in lutto, nessuno si guarda in giro, nessuno curioso. L'alternativa, in cui per altro tutto il mondo si ritrova o ritroverà tristemente, è testa bassa sul telefonino, ognuno impegnato in chissà quali cose importanti. Matteo, nei suoi trasferimenti al lavoro, si "diverte" a mettersi negli ultimi posti "controcorrente" ed osservare. Osservare la tristezza di 8-9 persone su 10 che passano tutto il viaggio a guardare uno schermo di pochi pollici, magari parlando con qualche amico chissà dove, o giocando a video giochi, o sprecando tempo in altri modi.
Ma questo esula dall'argomento, in quanto, come detto, in questo ci sono solo similitudini.
Ma quando i giardini dietro casa sono circondati da muri di legno, e al bambino non resta che un tappeto elastico, si allontana la gente e si costruisce il famigerato neighborhood watching, vicini che non ti parlano ma ti spiano, per essere sicuri di essere al sicuro.
Una differenza di cui abbiamo parlato abbondantemente è il lavoro, e se ne può parlare bene o male, ma almeno il lavoro qui c'è.
Una grande differenza di fondo, a livello di lavoro, è visibile nei poster pubblicitari: se in Italia una pubblicità sul lavoro o su corsi per il lavoro o università, mette in bella mostra giovani in carriera fasciati nei loro completi da ufficio, qui chi si occupa di lavoro sceglie come propria immagine un giovane vestito da cantiere. Questo potremmo dire, è abbastanza esplicativo delle prospettive e del l'approccio alla realtà lavorativa. E spesso l'incravattato italiano si avvia verso contratti a progetto o lavori a tempo determinato (spesso, non sempre) mentre qui il manovale ha una prospettiva li lavoro a tempo indeterminato e tanti soldi che lo attendono (spesso, non sempre).
La differenza che però è forse più sostanziale, è che qui c'è pieno di giovani. A parte in giro per le strade, dove i vecchi sono in effetti la minoranza e ovunque la gente è giovane, quello che colpisce è vedere giovani al lavoro, e colpisce ancora di più vedere ruoli di responsabilità coperti da giovani.
A Matteo è capitato di vedere arrivare in cantiere due ragazzotti per conto di una ditta, a fare il lavoro. L'idea che qualcuno mandi due sbarbatelli a fare i lavori lo ha lasciato quasi spiazzato, abituato com'è a vedere panzoni di mezz'etá in giro per cantieri. Ultimamente anche un sovrintendente ad un cantiere non avrà avuto più di 26 anni.
Qui non ci sono generazioni precedenti che ti fregano il lavoro (perché ne hanno bisogno e perché hanno il terrore che tu non sia in grado). Sei assunto e lavori, in prima linea. Senza stage o che so io. Gli apprendisti ci sono, e hanno meno di 20 anni probabilmente, a parte quelli che hanno cambiato lavoro da poco e magari fanno gli apprendisti a 35 anni.
Ultimamente a Matteo è capitato di potersi osservare da distante, guardando un suo pari, e vedere le differenze tra australiani e non. Questo cristo qui a spalare terra, mentre i suoi coetanei o probabilmente più giovani, erano a vivacchiare, in 2 a fare il lavoro di 1, in 3 a fare il lavoro di 2, sempre uno a controllare. Poi arriva un altro a controllare e poi il capo a controllare. Tutti che controllano, nessuno che lavora. Gente che, senza scherzare, ci mette 2 ore prima di iniziare a lavorare, prima l'arrivo in cantiere, poi la telefonata, poi il caffè, altro sguardo al telefono, si scherza e poi finalmente si inizia, mentre quello lì è sempre lì che spala e si sbatte.
Ma almeno lo fa per qualcosa, e non per la gloria, come accade nel vecchio continente. E gloria, purtroppo, non è neanche una bella ragazza.
Quei giovini australiani magari avranno anche un sacco di patentini e corsi da mostrare nel loro curriculum, che spalancano loro le porte del mondo del lavoro, e poi se la menano. Non c'entra se quello che spala magari tutti quei patenti non li ha, ma ha tanta voglia di fare. Hai le carte, sei dentro,e non esci più, non le hai, continui a bussare.
E l'Australia è la patria dei certificati e patentini, a quanto pare (tra le altre cose, annunci di lavoro come imbianchino che richiedono patentini di livello 3 per candidarsi...).
Vabbè detto questo, siamo sempre più dell'idea che Sydney stia all'australia come New York sta agli Stati Uniti. Noi siamo venuti dalla "route 66" e ci rendiamo conto che Manhattan è una fortunata combinazione di coincidenze, e non la regola.
Mentre leggete, pensateci seduti su un prato di fronte all'opera house, perché è proprio dove siamo adesso!
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