domenica 5 gennaio 2020

E per finire, Singapore!


Il trasferimento dalla Malesia a Singapore via terra è stato macchinoso come lo è imbarcarsi su un aereo, con l’autista del bus che dopo il checkpoint malese ci ha detto “al prossimo checkpoint vi aspetto mezz’ora poi se non ci siete me ne vado”. Eravamo in effetti gli ultimi a risalire sul bus, ma non ci pareva di essere stati poi così lenti, ma poi alla seconda volta siamo rientrati tra i primi ed il bus è ripartito senza molti dei nostri compagni di viaggio, ma con un monaco in più, quindi probabilmente chi perde il bus può salire su quello successivo.
 
 
Arrivati a Queen street, stavolta Matteo non ha trovato un gentile couchsurfer ad attenderlo, così deve sfoderare il telefono e portare la truppa a destinazione. Abbiamo scoperto leggendo wiki Triip che il nostro quartiere era tra i più economici, oltre che sede della prostituzione locale, il che può solo che aggiungere un po’ di colore e riportarci alla nostra amata Kingscross di Sydney.
Lo spagnolo dice che il suo ostello è disgustoso ahahah, mentre il nostro hotel è una camera con un forte odore di fumo!
A causa di una coda ci abbiamo messo 5 ore a giungere a Singapore, quindi con solo mezzo pomeriggio a disposizione, Silvia propone di andare a vedere la parte moderna della città a Marina sands bay ed i giardini futuristici di Gardens by the bay.








Quindi giunta l’ora propizia, sempre seguendo l’ineffabile sesto senso di Silvia, andiamo ai giardini, dove siamo accolti da uno spettacolo di uova luminose che cambiano colore a ritmo di musica, con dietro gli alberi tecnologici animati da mille luci che seguono una loro altra melodia...diciamo un bel modo di bilanciare i fuochi di artificio in tono minore di Malacca



Sarebbe bello poter mostrare dei filmati ma non renderebbero giustizia quindi meglio se ve li cercate su internet.

Tornando indietro abbiamo visto un altro esempio di genio architettonico che proviamo a mostrarvi, in pratica la parete di uno dei grattacieli che sostengono la mega banana, è ricoperta di piattini metallici mobili appesi ad una rete, e quando il vento li colpisce, questi si muovono disegnando un movimento tipo onda

Purtroppo non si nota dalla foto, ma si vede l’acqua sull’edificio senza bisogno di schermi e tecnologia.
Il giorno dopo andiamo a vedere la città, partendo dal giardino botanico, dove Silvia puntava alla sezione sulle orchidee








La visita si protrae perché maps.me mostra le fermate della metro non ancora finite di costruire e quindi Matteo, che doveva ideare l'itinerario, ci ha portati in mezzo ad un cantiere.
Quindi è la volta di Little India, di cui Matteo aveva falsi ricordi (lui si ricordava in realtà il quartiere arabo) e poi Chinatown. Praticamente si sale sulla metro ed alla fermata designata, si sbarca in una galassia totalmente diversa. A quanto pare la galassia cinese è più congeniale per lo spagnolo, che almeno lì può girare senza tapparsi il naso e può approcciare il cibo, ma nonostante ciò il suo cuore batte solo per la cucina occidentale e la colazione zuccherosa. Matteo ha poca pazienza riguardo i gusti degli altri...che senso ha andare in posti esotici e non provare cose nuove?
Chinatown era tappezzata di bancarelle e si può vedere che si stanno armando per il capodanno cinese e l’anno del ratto.
Siamo passati anche per Clarke Quay dove probabilmente si ritrova la movida occidentale, visto la presenza una per una di tutte le cucine che possono soddisfare i visi pallidi, con lo spagnolo che inizia a vaneggiare quando vede un un locale iberico. La camminata sulla vicina collinetta di Fort Canning Park ci toglie le ultime energie, così andiamo a stenderci su una panchina di fronte all’isola di Sentosa, che ospita il parco giochi, dal quale ci siamo tenuti alla larga. Siccome avevamo fatto la tessera dei mezzi pubblici che per 1,2 oppure 3 giorni permette viaggi illimitati sui mezzi, per cena, visto che le spagnolo non prevedeva di mangiare, abbiamo fatto un altro passo a Little India, dove Matteo ha sniffato tutti i profumi che ha potuto, sapendo che di li non sarebbe più tornato. 
Tornando alla metro ci imbattiamo in un rito Hindu a bordo strada, con i fedeli che per andare a raccogliere le reliquie benedette si toglievano le scarpe e Matteo ha visto, tra i mille telefonini a far foto, un paio di persone in genuina ammirazione dell’evento, in preghiera

Siccome avete capito che la scelta del cosa fare era sempre su di noi, Silvia, seguendo sempre il suo istinto, ci ha portato nuovamente a Bayfront, dove ad attenderci c’era uno spettacolo di luci e musica e fontane dai toni futuristici.


Anche questa è Singapore, a merenda mangi cinese tra i cinesi, per cena sei testimone di una cerimonia Hindu che magari avrà migliaia di anni, e per finire hai le proiezioni al laser a ritmo di musica, tutto a portata di metropolitana. E dire che lo spagnolo si preoccupa di cosa fare per altri 3 giorni in questa città!
A quanto pare le tasse sborsate dai contribuenti qui sono usate un po’ diversamente di come siamo abituati noi figli del mediterraneo ahahah! Silvia ci tiene a dire che abbiamo camminato forse più di 20km e con il nostro non-allenamento è stata una bela faticata ma ben ripagata! 
Il nostro ultimo giorno a Singapore, la mattina andiamo a vedere il quartiere arabo/musulmano, vicino a Little India, assai turistico ma molto carino. Matteo ha potuto rivedere quei bellissimi lampadari, ma non è riuscito a ritrovare i negozi di vestiti sopraffini di cui ha parlato a Silvia per anni.
In compenso abbiamo trovato un telefono modello Sip dal quale lo spagnolo ha cercato di tirar fuori le monete incastrate

Oltre a grattacieli dalle prospettive incredibili, ma è il bello di Singapore



E siamo riusciti ad entrare nella moschea lato turisti, visto che davano in prestito tuniche e gonne maschili 

Il nostro giro si conclude al Fullerton hotel, dove Silvia gongola tra lobby e buffet, guardare ma non toccare! Più che altro le piace il profumo di gigli che si espande in tutta l’atmosfera.
Quindi salutiamo lo spagnolo che starà qui ancora un paio di giorni con una sua amica del posto, e ci dirigiamo dopo pranzo in aeroporto

In aeroporto visitiamo per la prima volta la sezione Jewel (il ponte che si vede è per uno decide trenini di spostamento all’interno dell’aeroporto)

A Matteo ha ricordato quelle cupole delle simulazioni sulla vita su Marte, ed è rimasto stupito che un “ecosistema” possa effettivamente vivere dentro una bolla.
Ultime considerazioni di questa vacanza è il rammarico da parte di Matteo nel dover prendere atto che l’Asia non è per tutti, e che per alcune persone quello che Matteo vive come estrema libertà ed infinite possibilità, loro la vivono come limitazione ed impedimento, come ci era successo con quella ragazza con cui abbiamo viaggiato pochi giorni in Thailandia. È un gran peccato, ma de gustibus non disputandum est, ed è giusto che ognuno viaggi ed apprezzi i luoghi che più gli si addicono. Ma gli infonde anche fiducia sulle prossime mete ora che sa che certe descrizioni poco rassicuranti sono solo frutto della predisposizione personale.
Silvia invece è rimasta positivamente molto sorpresa di quanto siano acculturati i malesi, visto che con chiunque si riesca a comunicare, è molto facile scambiare opinioni e conoscenze, una cosa alla quale non siamo più abituati nella poco acuta società kiwi.
Vi lasciamo con l’immagine di Matteo entusiasta per la sua nuova scoperta asiatica: il biscotto tradizionale cinese (o così glielo hanno voluto vendere a Malacca). Semplice ma buono!

Persino Liam Neeson sullo sfondo lo guarda con invidia.
Una volta tornati al terzo mondo australiano, le divertenti sorprese non tardano a palesarsi

Tra il serio ed il faceto, più o meno...
Ed infine eccoci sbarcati su Marte, grazie probabilmente ai vasti incendi australiani che hanno ripercussioni fino in Nuova Zelanda

Anche per questa volta è tutto, arrivederci ai prossimi aggiornamenti!

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