venerdì 8 febbraio 2019

Fine della pacchia

Ultimi giorni ed ultime riflessioni 


Lascio Koh Rong Sanloem con la prima speedboat seguendo una tratta che mi mostra altre baie dell'isola dove avrei potuto stare se avessi pianificato più approfonditamente. A Sihanoukville devo aspettare il bus per Kampot un paio di ore. Noto che la spiaggia vicino al molo ha la stessa sabbia che c'era sull'isola, e la vegetazione laggiù in fondo è la stessa, quindi penso che un tempo questo posto doveva essere uguale. La vegetazione è così lussureggiante, in netto contrasto con l'arido resto del Paese.
 
 
 
Il problema è che sto posto è una vera discarica. Nelle aree lasciate a se stesse perfino le erbacce tentano, con il loro bel verde e le foglie lucide, di abbellire di nuovo ciò che l'uomo ha corrotto.
Il minivan, andando a raccogliere l'ultima passeggera, ci porta in angoli della città sul mare ancora di baracche e polverosissime strade sterrate, e mi chiedo se questa non fosse la città prima del boom edilizio.
Minivan, dicevo. Se mai ad uno scrittore si esaurisse la vena ispiratrice e fosse in cerca di personaggi, consiglio di venire in Cambogia su uno dei "vip" minivan per ritrovare ispirazione. Stavolta ero pigiato tra:
- una che eh aveva bua ai ginocchini e quindi secondo lei pensava di occupare due posti per poter stendere le gambe. Conseguenza, per caricare l'ultima passeggera ed evitare discorsi, nell'angolino raggomitolato a farmi venire i crampi ci sono andato io, mentre lei col suo metro e cinquanta poteva star comoda. 
- L'altro un ragazzo schizzatissimo che continuava a saltare tra Google maps e whatsapp con gran dispendio di energie e quando durante la pausa pipì il pullmino si sposta di 5 metri per liberare lo spiazzo del distributore, scatta come una molla per paura di essere lasciato lì, nonostante il resto dei passeggeri fosse lì dietro a guardare la manovra senza stress.

L'autista continua a buttare spazzatura dal finestrino ed infine giungiamo a Kampot, dove volevo passare una notte prima di arrivare a Phnom Penh, ultima tappa di questo mio girovagare.
Appunto: viaggiare durante il capodanno cinese è un incubo. Almeno avesse una data sto capodanno, invece è un periodo.
Sceso dal pullmino vado tranquillo a cercare da dormire. Tutto prenotato anche qui. Addirittura ad una reception uno che mi dà le spalle e guarda la TV, manco fa la fatica di alzarsi dalla branda perché non sono di alcun interesse per lui.
Giro praticamente tutto il centro e manco un dormitorio (che avrei comunque cercato di evitare) sarebbe stato disponibile. Mi affianca uno in motorino e mi dice che conosce un posto a 2 km per 10 dollari ma decido di provare ancora. La prima stanza libera ha un prezzo che non ha senso, quindi la seconda che costa la metà la prendo, ma la padrona mi dice che posso stare solo una notte. Si sì non ti preoccupare che scappo in fretta.
Vado almeno a fare un giro serale del posto e sono preso da una grande delusione. Occidentali o-v-u-n-q-u-e. Il posto è anche carino rispetto ad altri che ho visto qui, ma tra tacos e burrito, "german sausage bar" (???), "sandwicherie" (??????????) e pizze e contro pizze, cammino sconsolato in cerca di un po' di Cambogia. Sul fiume ci sono ristoranti-barca molto belli a vedere ed al terzo giro in tondo, mi areno su un ristorante thailandese che è forse l'unico senza 50 occidentali dentro. Ho pure provato ad approcciare una bettola a bordo strada ma nessuno parlava inglese e mi hanno riso in faccia.
Ad un certo punto ho chiesto alla cameriera "'ma scusa è tutto prenotato per il capodanno cinese, ma i cinesi, dove sono??? Io vedo solo occidentali".
Come dice Caparezza, ti fai troppi problemi. La risposta è incerta ed il mio dubbio rimane.
Guardandomi in giro vedo che anche per le divinità cinesi i tempi cambiano, niente più offerte di riso e banane, ora si va di banconote false e bibite gasate

A dire il vero, in cerca di un dessert che non ho trovato, mi sono spinto fino al night market e contro ogni aspettativa, almeno li qualche bettola c'era, a saperlo prima...
Così, ahimè, nonostante una iniziale riluttanza, mi ritrovo a prenotare le ultime due notti a Phnom Penh, per evitare un altro pomeriggio di porte in faccia. Viaggiare così non mi piace, ma bisogna adattarsi a scapito degli ideali.
Interludio ludico: troppo tardi mi è venuta l'idea di aprire un concorso sul genio asiatico.
1) Sihanoukville, Nissan micra tuktukizzata

Immagino finzioni egregiamente anche senza certificazioni.
2) Kampot, irrigazione delle aiuole

Ho anche visto un sistema di spaghi e corde per manovrare una barca di legno che comunque tramite foto non si sarebbe capito. Gli asiatici sono dei tapullanti di primissima categoria, a livello di genialità proprio.
Comunque, la mattina seguente prendo il primo bus per la capitale. Il viaggio è penoso a causa di lavori di potenziamento alla strada, ma nella prima metà vedo forse il miglior paesaggio che abbia visto qui in Cambogia, verde e con monti.
Appena arriviamo mi dirigo verso il mio alloggio, e decido di usare il resto del pomeriggio per andare a vedere qualcosa che mi interessava molto, ovvero i campi di sterminio dei khmer rossi.


Per non annoiarvi troppo cerco di fare un riassunto di questo pezzo di storia che si è trascinato fin quasi al 2000 e pertanto, almeno in Italia, credo non molto discusso.
In pratica il futuro dittatore Pol Pot, da giovane va a studiare a Parigi, dove viene attratto dall'ideologia comunista di Marx, che parlava del potere al popolo e della distruzione della borghesia, e decide con i suoi seguaci di tornare in patria, liberarla dalla violenza degli schifosi statunitensi ed attuare i principi imparati  alla lettera. Con il presunto ideale di creare una società nuova e diversa decide di annientare quella vecchia. Chiunque avesse studiato, portasse gli occhiali, fosse benestante e non sapesse arrampicarsi su una palma, veniva deportato e giustiziato. Il resto veniva disperso dalle città alle campagne per creare l'autarchia del riso, e le famiglie divise.
Nel mio avvicinarmi al campo di Choeung Ek, ero un po' nervoso, non sono uno cui piace vedere le persone soffrire, e cercavo nello sguardo di chi andava in senso opposto un indizio per capire cosa mi attendeva. Senza voler essere inopportuno, dico che per fortuna la maggior parte dell'esperienza è il racconto dell'audioguida (ottima idea che tiene tutti in silenzio) e di visuale c'è solo l'ultima tappa, con la torre commemorativa piena di ossa e teschi delle vittime, nonostante l'audio ripeta più volte che nella stagione delle piogge affiorano ancora ossa, denti e vestiti dal terreno, che viene tenuto pulito da alcuni addetti.
Tra le tante immagini e racconti raccapriccianti, come tanti altri sono rimasto particolarmente colpito dal sapere che l'albero più imponente era usato per uccidere i bimbi, strappandoli alle madri, afferrandoli per le gambe e brandendo la loro testa sul tronco fino a spaccarla. Poi venivano gettati nella fossa lì di fronte insieme alla madre anch'ella giustiziata nel frattempo. 
Mi scuso per la crudezza del racconto, ma credo serva a dare per un momento il metro di fin dove può spingersi l'uomo e della furia che può pervadere le menti plagiate, trovo giusto far conoscere certi avvenimenti a chi sa poco della vicenda, e trovavo poco rispettoso venire a spassarmela in un luogo che ha passato una storia de genere, senza almeno istruirmi a riguardo. Vi ho risparmiato i dettagli più crudi comunque.
Per chi fosse interessato, ecco un video di approfondimento sulla faccenda raccontato da chi ha vissuto gli avvenimenti in prima persona



Chi invece di tempo ne avesse poco, ecco un riassunto dello stesso video



Il giornalista che parla è un personaggio che stimo particolarmente per la sua capacità di essere permeabile agli avvenimenti e di mettere in discussione le proprie idee ed avere avuto la volontà di cambiarle quando ha capito essere sbagliate, invece che tirare dritto come se niente fosse di fronte a fatti importanti. Credo sia una cosa che tutti dovrebbero sforzarsi di fare nel quotidiano.
Il genocidio cambogiano ha spazzato via quasi un terzo della popolazione del Paese, e va ad unirsi al resto dei risultati del comunismo in altri stati, ma questa è un'altra storia.
In ultimo, ecco un articolo sempre sul tema, che comunque non ho sviscerato molto e credo ci sia molto materiale per chi ne volesse sapere di più.

Uscito, ho fatto appena in tempo ad arrivare alla prigione di Tuol Sleng, che era la prima tappa dei nemici del partito prima di essere spedita dei campi di sterminio (che tra l'altro sono più di 300 sparsi nel Paese ma Choeung Ek è stato convertito in luogo della memoria, qualche altro in giro per la nazione non è neanche ancora stato indagato per via della vegetazione che li ha ricoperti e/o le mine che li circondano).
Putroppo sono arrivato alle 17 e la prigione chiudeva alle 18, quindi ho dovuto fare un po' alla svelta.
Il viaggio di ritorno all'alloggio l'ho passato a riflettere.

Cambiando toni, la sera sono andato a vedere Phnom Penh by night. La città è completamente fuori scala rispetto al resto del Paese, molto ampia e non ancora strozzata dai palazzoni. Dico non ancora perché i cinesi stanno costruendo grattacieli ovunque, hanno una facilità a tirare su questi edifici immensi davvero impressionante. Ad un certo punto c'era una cascata di centinaia di metri di fronte a me, proiettata da uno schermo alto come il grattacielo 

Che sarebbe quel fascio di luce blu. Comunque la città ha una struttura pare anche molto equilibrata e forse capisco perché Silvia (che è stata qui qualche giorno durante il suo movimentato viaggio in bici) mi ha detto che forse è l'unica città asiatica in cui vivrebbe.
Phnom Penh ha una sua anima non asservita al turista, che comunque viene trattato con tutti i riguardi, è una grande città cambogiana, moderna, per i cambogiani. Ovviamente ci sono vari livelli di legalità in cui gli occidentali si infilano, e come detto i cinesi stanno allargando le loro radici anche qui (come in altri 3 continenti per altro, che noi abbiamo visto, Asia, Oceania ed Africa), ma la sensazione è che gli sforzi di costruire qualcosa di grandioso e moderno siano stati concentrati prima qui, quasi a fare da locomotore per il resto del Paese.
Certo, questa è stata la sensazione in una camminata serale alla ricerca di cibo, quindi non posso giurare di averci capito qualcosa. Ricerca fallita perché diretto al famoso Jet's container night market, trovo un cumulo di macerie circondato da grattacieli cinesi.
Il giorno seguente parto per visitare la città. La sensazione è nel secolo scorso abbia subito molti cambiamenti visto il numero di edifici in cemento armato definiti come "art deco", che sono un po' apocalittici, come il mercato centrale Phsar Thmei, che però almeno dà ai commercianti una struttura moderna ed ordinata dove lavorare.
Se devo fare un parallelo direi che Phnom Penh sta alla Cambogia come Sydney sta all'Australia, ovvero grandi città moderne che con il resto del Paese non c'entrano nulla. 
La città scopro putroppo che non ha niente da vedere oltre quello che ho visto il primo giorno, a parte forse il palazzo reale e la Silver Pagoda, che aspetto due ore perché aprano poi quando vedo che costa 10 dollari e bisogna pure vestirsi lunghi (alle due del pomeriggio qui c'è il sole che ti bussa educatamente sulla spalla e ti chiede che cosa stai facendo lì fuori), giro i tacchi e arranco fino alla camera per sfuggire la canicola.

Questo è l'interno del Wat Phom, la prima pagoda nelle due settimane in Cambogia che abbia trovato aperta e che non fosse lasciata a se stessa e ai piccioni.
Sicuramente è una città dalla vita notturna molto interessante come pure Silvia mi ha confermato.
Lungo la passeggiata sul fiume, nel punto dove il Tonle Sap (che si può navigare fino a Siem Reap e che durante la stagione delle piogge cambia senso della corrente a causa della pressione del Mekong) si immette nel Mekong, la sponda opposta è circa a 2 km di distanza e questa massa d'acqua che ho seguito sin dal Laos è veramente imponente, seppur calma.
Una cosa che ancora invece non ho capito è come mai nel sud-est asiatico per avere la doccia calda basta un trabiccolo del genere mentre in Europa servono le centrali atomiche, ma forse dipende dalla temperatura di ingresso dell'acqua

Della Cambogia non ho colto molto l'essenza devo dire, ma sono in tanti gli occidentali che ci bazzicano a livello di parlare la lingua o vivere qui nonostante il costo elevato della vita per gli standard asiatici, quindi mi chiedo dove mi sia perso. Il paesaggio è sterile, con strade polverose contornate da palafitte tra una città e l'altra.
Anche per questo sono andato ai musei sul genocidio, per vedere se riuscissi a capire qualcosa di come fosse prima dell'anno zero dove tutto è stato distrutto.
Forse è solo un Paese che sta cercando giorno per giorno la sua via per ripartire, anche se adesso è arrivato il grande fratello cinese a rimescolare le carte in tavola. 
Ho la sensazione che la realtà da queste parti stia cambiando alla velocità del pensiero, e come l'Asia di una generazione fa, di cui ho letto, non esiste quasi più, credo che fra una generazione qui di diverso sarà rimasto poco.
Alla fine mi sento fortunato perché io ancora un po' di autenticità qua e là l'ho vista in questi anni, prima che l'Occidente da un lato e la finzione cinese dall'altro finiscano per stritolare l'affascinante e schietta diversità esotica di questo angolo di mondo.

Lascio con una piccola nota positiva che non avevo ancora visto nei miei precedenti viaggi nel sud-est asiatico e che invece ho trovato sia in Laos che in Cambogia, ovvero la possibilità di fare il "water refill", ovvero pagando il 50-80% di una bottiglia d'acqua nuova la si può invece riempire da uno di quei recipienti da ufficio, andando così a diminuire la montagna di plastica che sta soffocando queste terre.

È ora di rifare lo zaino per l'ultima volta, mi aspettano comunque novità al mio ritorno, e tanto basta per tenere la mente stimolata.
Statemi bene

Nessun commento:

Posta un commento

inserisci il tuo commento, scegli il profilo (anonimo va benissimo) e pubblica il commento, quindi aspetta che noi lo si approvi!