lunedì 18 aprile 2016

Diario di viaggio : Myanmar 2016 - Mandalay (parte 2)

Pace (quasi) fatta con Mandalay

La sera, una volta cessati musica e delirio (alle 19:30, cioè sempre più tardi), siamo andati in cerca di cibo come due topolini: guardinghi e con movimenti rapidi per paura di essere inondati.
Nel nostro girovagare siamo passati nuovamente davanti al trabiccolo che vende samosa, che alle spalle ha un tempio hindu...con sorpresa: aperto! Sia all'interno che all'esterno i colori e le forme antropomorfe la fanno da padrone. Ad accoglierci c'era una bella musichetta ed un buonissimo profusmo ed un preposto stava cambiando i fiori messi in offerta alle divinità. Siamo molto ignoranti a riguardo ma ci riproponiamo di studiare la materia.
Poco oltre, quello che doveva essere (dati i personaggi) una moschea o simili. Dovete sapere che il Myanmar è una terra dove popoli degli Stati confinanti si sono trasferiti portando la loro cultura (al contrario, ad esempio, dell'Australia, dove gli immigrati diventano automi e perdono ogni identità). Nel corso dei secoli, migrazioni spontanee e forzate (tipo i cinesi trasferiti in Tibet dal partito cinese, per capirci) hanno ridisegnato la fisionomia della popolazione. E cosi troviamo un posto dove mangiare street food indiano, uno di quei posti che solo l'occhio e la fantasia di Silvia ci fanno scoprire; Matteo dopo l'esperienza dell'anno scorso deve ancora imparare a trovare i posti "puliti" e fidarsi.
 
 
 
 
Il giorno seguente abbiamo deciso di bissare l'esperienza col motorino, ma siccome il faro non funzionava ce lo siamo fatto cambiare...fortuna perché nel momento in cui la proprietaria ha provato ad accendere il motorino che le abbiamo restituito, questo ha cominciato a pisciare benzina, sfortuna perché l'unico con la luce era uno scassone che Matteo ha rinominato "Grillo Tonante", in quanto ogni tanto perdeva un colpo o dava degli strattoni che sembrava di saltare, e perché Matteo sperava che, dandogli un nome, non ci avrebbe lasciato a piedi a 20 km dalla città....
Di nuovo ci facciamo largo tra i getti d'acqua, fino a raggiungere delle bancarelle di frutta e verdura...Silvia scende per fare foto, e Matteo, mentre aspetta, viene gentilmente inzuppato con due secchi d'acqua. 
Ma oggi le vibrazioni sono differenti e vediamo parti di città più tranquille, povere e semplici. Silvia, ormai navigatrice provetta, ci fa passare tramite stradine, in mezzo alle case, dove vediamo vita un po' più genuina, ma non più magnanima in quanto a secchiate d'acqua.
Papà orgoglioso della sua bimba,
tanto da desiderare una foto

La nostra meta è la Mandalay Hill, con la sua pagoda appollaiata in cima. Quando inizia la salita, Silvia teme il peggio e vuole scendere per alleggerire il peso, ma Grillo Tonante non delude e Matteo le dice di aver fiducia nella nostra moto a scoreggette.
Pagodina azzurra lungo la salita
Non fate come Silvia, portatevi sempre qualcosa per coprire gambe e spalle, così non dovete chiederlo ogni volta prima di entrare.
Anche qui, orde di turisti locali, con scene del tipo due donne stagionate che hanno paura di salire sulle scale mobili.
Sutaungpyei Pagoda, sulla cima della collina è molto, molto bella. Tutto il complesso è ricoperto di forme di specchi che rendono tutto lucente. 
Qui incrociamo probabilmente una comitiva che ci tiene in ostaggio per circa quindici minuti per fare foto...uomini, donne, ragazze e ragazzi, vecchi e bambini, tutti che vogliono farsi immortalare con noi...la vita del personaggio pubblico non fa per noi! 
TUTTA la comitiva, più altri che si sono aggiunti, hanno voluto fare la foto singolarmente con noi.
A volte i bambini volevano far parte della foto, ma le mamme o le nonne li mandavano via per star sole con noi.
La folla a fotografarci. Sembra di essere un pesce in un acquario!
Travestendosi da idolo dei bambini
Accontentati tutti, siamo di nuovo liberi di fare il nostro giro. 
La vista della città dall'alto non merita assolutamente, ma il complesso è davvero molto bello e oggi siamo contenti di essere qui, ci sentiamo di nuovo riappacificati col Paese e la città, semplicemente perché il delirio acquatico è laggiù lontano e noi siamo liberi di esplorare. 
Data la nostra esperienza, ci sentiamo di consigliare di noleggiare un motorino (o una bici, ma le distanze per i posti che volevamo vedere erano un po' elevate, e siamo nel mese più caldo dell'anno). Non c'è da allarmarsi: la velocità è sempre ridotta (anzi, un vecchietto su un camioncino faceva segno a Matteo di rallentare), la segnaletica stradale è assente - e Matteo ricorda la notizia di uno studio secondo cui più segnali stradali ci sono e maggiori sono gli incidenti...ecco i link a proposito -



Inoltre, Albania docet, in un contesto di anarchia stradale, basta adeguarsi e muoversi con convinzione. Ad esempio siccome ad un certo punto dovevamo tornare indietro ma il traffico non permetteva l'inversione di marcia, semplicemente ci siamo fatti la tratta molto lentalente contromano a lato strada e nessuno ha battuto ciglio.
Altro luogo da visitare era il sito del "libro più grande del mondo"... Dalla guida non riuscivamo a capire bene il significato della spiegazione a tal proposito. Girando per diversi templi senza trovare cosa cercavamo, ad un certo punto finiamo in un complesso molto bello, la Kuthodaw Pagoda, con molti tetti a punta a coprire quelle che sembravano delle lapidi...finché Silvia non ha avuto la visione: non riusciamo a trovare il libro perché siamo dentro al libro! Ora la traduzione della guida ha più senso: quelle non sono lapidi, ma pagine di marmo, ognuna protetta da un tetto, che tutte insieme formano, per l'appunto, il libro più grande del mondo!
Anche la mamma del bimbo vuole una foto!
Molto affascinante!
Purtroppo però siamo a metà giornata ed il caldo non permette di stare a contemplare questi monumenti a lungo. Le pagode a quest'ora diventano dormitori per la gente che qui cerca riparo dal sole.
Sulla via del ritorno ci siamo fermati a vedere la Teak pagoda (cioè la pagoda di legno intagliato), di cui però non abbiamo foto visto che era chiusa.

Il giorno dopo, era il primo dell'anno per i birmani e sembrava quasi di visitare un'altra città! Acqua, musica, clacson furiosi e gente ubriaca si erano dileguati, quindi abbiamo ben pensato di noleggiare delle bici. Ahah, Matteo come sempre ha difficoltà ha trovare una bici della sua misura e si ritrova sempre a pedalare con le ginocchia che toccano il manubrio.
Raschiando il fondo del barile, ci siamo affidati alla Lonely Planet che suggeriva un bike tour...tutt'ora non riusciamo a capire cosa ci fosse da vedere, infatti a metà percorso, finiti in un pseduo laghetto-discarica, ci sono girate le palle e avevamo pure molta fame. 
Dobbiamo però ammettere che c'era la possibilità di lasciare la città prima ma dovevamo cambiare sti maledetti soldi e durante il festival era tutto chiuso. Attenzione: i dollari australiani vengono cambiati solamente a Yangon e Mandalay. Bagan non ne eravamo sicuri, abbiamo preferito evitare rogne. 
Per una lista dettagliata dei cambia valute in Myanmar cliccate sul seguente link.

Come ci aveva preannunciato la receptionist a Yangon, durante il loro primo dell'anno, i birmani compiono buone azioni verso gli altri anche nei modi più semplici per esempio pettinare, tagliare le unghie ai vecchi ecc. Cosa che abbiamo potuto verificare nel nostro giro in bici perché cercavano di aiutarci a trovare le nostre mete. Forse la parte più bella del giro sono state le mura della cittadella, un lavoro impressionante e misterioso, visto che non ci è stato possibile entrare (chiuso agli stranieri...).


Vi salutiamo e come sempre non sappiamo quando avremo la prossima connessione!

Baci


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