martedì 17 maggio 2016

Georgetown (Penang)

Il viaggio in bus da Tanah Rata a Georgetown è stato di nuovo extralusso, su sedili che parevano più portone a dire il vero. Dopo così pochi giorni in Malesia, mi sento di rivedere una delle mie precedenti affermazioni: se consigliavo di visitare prima la Thailandia per smorzare lo shock culturale, voglio aggiungere che se volete uno shock culturale nullo, venite in Malesia. Non sarà diverso che visitare qualsiasi altro Paese occidentale. La Malesia è decisamente un luogo per le vacanze, tutto è pronto e predisposto per farvi sentire a vostro agio. Niente di male intendiamoci, anzi, se uno vuole cambiare continente senza stress qui trova un parco giochi.
Dicevamo del viaggio in bus...fin troppo tranquillo, mi ritrovo a mettermi le cuffie con la musica perché pare di stare in un ascensore. 
 
 
 
L'inconveniente è che la stazione dei bus dove ci fermiamo è lontanissima dal centro città. Credevo ci saremmo fermati alla stazione Komtar, ma scopro che invece siamo a Sutai Nibong. Sono un po' spaesato e pare che il taxi sia l'unica costosa alternativa. Noto però che un altro ragazzo che era da solo sul bus è sparito, quindi mi guardo in giro per trovarlo ed è dentro la stazione che aspetta. Mi avvicino e gli chiedo se sa come arrivare in città e mi dice che dovrebbe passare il bus, che costa una miseria. Conosce prezzi orari e numero del bus da prendere e mi ha facilitato molto la vita. Cominciamo a scambiare due battute, si chiama Paul, 23 anni, francese di Tolosa, studente di legge. Non conosce la realtà del whv e mi fa tante domande che mi sento un po' come quelli che se la tirano e iniziano a parlare di Paesi ed argomenti saltando da uno all'altro come per far vedere quanto sono fighi. Mi fa fare la figura del veterano ma solo perché è un "verginello" alla sua prima esperienza in Asia, ma non sembra essersi fatto infinocchiare dai lustrini della Malesia. La discussione sul bus comunque fila via liscia. Mi dice che non si sente il mio accento italiano, che solitamente in un italiano è molto marcato...alla facciaccia di Silvia!
La conducente ci informa che siamo arrivati e in qualche modo ci orientiamo e ci salutiamo, lui diretto al suo ostello ed io verso uno che spero sia economico. Posati i bagagli mi dirigo verso il "night food paradise" lì vicino. Ho sentito parlare così bene del cibo malese, ma non l'ho mica ancora trovato! In questi giorni ho mangiato indiano e ora, tanto per mangiare un po' di verdure crude finalmente, mangio vietnamita, con gli springrolls pari pari a quelli che fa Silvia. Questo cibo malese dov'è??? (In ostello un tizio che è qui da tempo mi svela che in effetti la particolarità del cibo in Malesia sta nella scelta tra molte possibili diverse culture, non in piatti tipici...ma allora quello lo avevo già a Sydney, forse pure di più).
Il giorno seguente parto alla scoperta di Georgetown. Non mi è piaciuta. Voglio dire, non è brutta ma semplicemente non è stranuova come Kuala Lumpur. Diciamo che Chinatown ricorda, come tipo di palazzi, Hoi An in Vietnam, ma non ci sono giochi di luce ecc. Secondo me è un bel posto per quelli cui piace fare foto, insomma si può tornare a casa con una bella raccolta di "scatti rubati d'Oriente", ma il fatto è che è tutto predisposto perché sia così, di rubato non c'è nulla.
Tempio cinese
È pieno di bancarelle e mercatini di vestiti per turisti e ci sono diverse etnie. Finendo rapidamente il giro per la città, ho la malsana idea di andare a vedere i templi thailandese e birmano, che sono molto distanti ma almeno sono molto belli. Dopodiché, ancora discretamente dolorante dal trekking delle Cameron Highlands, tiro fuori un altro dei miei numeri masochistici: Maps.me indica 8,5 km fino al tempio Kek Lok Si rispetto al punto cui sono arrivato. Ottima idea Matteo! Inizia così il mio giro in mezzo a stradoni tappati dal traffico in un supplizio idiota. Perché l'ho fatto? Boh, credevo di aggiungere spessore avvicinandomi ad uno dei templi più grandi del sud-est asiatico.
L'ora di pranzo arriva e se ne va e io sono ancora in mezzo a zone residenziali ed industriali. Ad un certo punto salgo su un cavalcavia e vedo sul monte la mia gigantesca meta. Conscio che i ristoranti erano lì vicino, mi fermo comunque in un "buco" da dei cinesi che vendevano solo riso e pollo, e riesco a rimediare riso, uova e tre fettine di cetriolo...avevo troppa fame anche solo per aspettare di girare l'angolo...ma almeno è stato economico ahahah!
Arrivo al tempio, dove la scalinata d'accesso è circondata da altre bancarelle che vendono le peggiori porcate, ma la guida mi aveva avvisato. Per raggiungere la statua gigante devo prendere la funicolare e quando arrivo su il mio disappunto si completa: ci sono questi casermoni multipiano ovunque che tra l'altro paiono vuoti, e ne vogliono costruire altri. Tutto il complesso è un work in progress, infarcito di souvenir. Ripeto, lo sapevo, ma speravo di trovare qualche singolarità. Anche la vista dall'alto della città non mi dice nulla. Ho anche rivisto il francese per un rapido scambio di battute, lui se ne va a nord in Thailandia.
Così scendo a piedi lungo la strada e, a forza di chiedere, trovo la fermata del bus e torno sudato e stanco da questo giro stupido che ho fatto.
Magari qui a Penang ho potuto vedere un po' di Cina, ma a dire il vero son venuto qui per vedere la Malesia. 
Pensavo di rimanere due o tre giorni, ma Penang non mi ha entusiasmato, e rimando all'indomani la decisione sul da farsi.
La mattina seguente trovo modo di scambiare finalmente due parole con un locale invece che solo con occidentali. È uno dei gestori dell'ostello, e mi racconta di come, da giovane, ha fatto il percorso inverso degli hippies: mentre dall'ovest arrivavano a frotte via terra, lui è andato, sempre via terra, in Svizzera a studiare e lavorare. Mi dice che una volta la vita era più facile, tranquilla e serena, ed adesso i tempi sono oscuri. A forza di sentirlo dire inizio a crederci...dice anche che gli Stati Uniti sono i veri terroristi, hanno fatto guerre dove e come hanno voluto e ora i terroristi si sono stufati e contrattaccano alla loro maniera. Da sottoscrivere.
Gli chiedo di spiegarmi cosa intende col dire che i tempi sono diversi rispetto agli anni '70 e finisce col dirmi che una volta bisognava stare più attenti, ma c'era più serenità e fratellanza. Ora il mondo è più sicuro, ma tutti sono diffidenti, non c'è più abbandono. Mi dice che i suoi amici hippie ora sono nonni.
Mentre parliamo passa un tizio ed il gestore mi dice che è un italiano che ormai è cliente fisso, fa avanti ed indietro dalla Thailandia ed è diventato istruttore di yoga.
Vado alla stazione dei bus (per uscire dalla città allora si che Komtar va bene...) e mi fanno sapere che, per dove voglio andare, il bus della sera è pieno e devo aspettare la notte seguente. A dire il vero sarei voluto andare a Taman Nagara, il parco nazionale che mi aveva esaltato quando ho scoperto che c'è un trekking di una settimana per raggiungere la vetta più alta della Malesia peninsulare, ma poi ho pensato che non sono equipaggiato per una cosa simile (alla fine non ho scarpe e vestiti da sacrificare) e, studiando meglio, ho scoperto che i sentieri più battuti sono addirittura su pedane di legno come alle Blue Mountains nel New South Wales. Arrivare non sembra così immediato e preferisco tenere vivo il ricordo delle esaltanti passeggiate nella giungla delle Cameron Highlands, piuttosto che essere deluso. Ma la "spedizione" al Gunung Tahan mi ha incuriosito e chissà che un giorno...
Così torno in ostello e, incrociando l'italiano, scambio due parole. Si chiama Adriano, de Roma, sulla quarantina, ha lavorato in un ristorante di famiglia per vent'anni e ad un certo punto ha iniziato a fare la spola fino in Thailandia finché ha deciso di rimanere lì. "Credo di essere buddhista", dice, e ha consumato un passaporto a forza di entrare ed uscire dal Paese. Partecipa a corsi diversi tra meditazione, yoga, respirazione e chiosa dicendo "In tutti questi anni, quello che ho capito è che non ho capito...". Un tizio che devo ancora decifrare, non so se sia uno di quegli alternativi facili oppure se sia davvero differente. Gli chiedo se gli va di scambiare due chiacchiere ma poi non ci vediamo più per il resto della giornata.
Fuori fa un gran caldo e non ho stimoli di andare a girare, inoltre pare che sia bassa stagione è tutta questa varietà culinaria non esiste perché una grande percentuale dei ristoranti è chiusa. La giornata trascorre in qualche modo senza niente di rilevante.
Forse oggi pomeriggio scambierò due parole con 'sto Adriano mentre aspetto che arrivi la notte ed il mio bus.
Alla prossima!

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